Vero o no

Gli asfodeli del Peloponneso mi hanno cercato nel sonno.
A quanto pare non era vero il miraggio di una terra senza amore
il dio non volle essere il solo ballerino della taverna;
portandoti rifece il giardino che ci meritammo
a forza di desiderare il buio e la baldoria.
Tesa tesa la corda non cedette
cedette l’arco invece, quel malandrino
non potemmo far altro che passarci a turno la freccia
ridendo immaginando la traiettoria che non ebbe.
La cera si strusciò senza che la processione passasse
e se pure fosse passata
la candela
l’arco
la freccia
gli asfodeli
il buio
e la baldoria
non ce li saremmo fatti mancare.
Vero o no!?
Vero!
E diglielo tu.

Una fotografia

Una giovane donna
al centro di una fotografia
lei cammina
taglia l’inquadratura perpendicolarmente
eppure è sfocata
riesco a notare la sua pelle chiara
e i capelli neri corti e aperti dal vento
lo sfondo è una texture di persone
le persone, invece, sono bene a fuoco
un mercato rionale, forse
certamente d’estate
magliette colorate
e sole chiaro che le ravviva tutte quante
la giovane donna veste una gonna bianca
le arriva alle ginocchia
una maglia a bande orizzontali
verdi, bianche – le più sottili – e rosse
cammina di fretta
tenendosi alla borsa come se questa pesasse una tonnellata
e guarda in basso
proprio in direzione
del suo prossimo passo.

La passeggiata

Mentre passeggiavamo
e ti legavi il pullover alla vita
mi parve che il quartiere fosse
una scenografia perfetta
m’importava solo che quel pomeriggio
ti avessi preparato un buon caffè;
la casa del vigile, alla girata
aveva la veranda con le luci accese
una piccola festa forse o semplicemente
sua moglie che leggeva al fresco;
raggiungemmo il mare
mentre quello muggiva
per scacciare i turisti dell’ultima ora
avrei voluto dirti qualcosa di forte
che potesse incastonarsi con la potenza di quel momento
invece praticai una specie di silenzio
perché posasti la guancia sulla mia spalla
così facendo mi rimboccasti le parole e
senza accorgertene
facesti un capanno attorno alla mia gioia bambina
e cominciasti ad abitarla.

Col sole alto

Il molo di una città sconosciuta
e la cocacola pretesa
due sedie di paglia
– ho lavorato in Italia, sbarcavo sigarette –
fece il cameriere albanese
– una volta lo scafo prese il fuoco.
Mi sono trovato solo solo nel mezzo dell’Adriatico –
e poi?
– e poi dopo assai ore, col sole alto che m’abbruciava, arrivò un peschereccio greco. Cosa volete ordinare? –
Le minuscole migrazioni che hanno coinvolto
le estremità dei nostri polpastrelli
hanno permesso le carezze
che si ricordano meglio dei baci.
Col sole alto
andammo via dal molo di una città
di cui non conoscemmo mai il nome.
Del resto è questo, non altro, quello che è successo nel divenirci:
ormeggi troppo sottili
scialuppe senza timone.

Barbecue

Il mio cane
accetterebbe di me ogni cosa
che per gli altri umani
sarebbe inconsueta
sospetta
strana.
Per esempio
potrei accendere un barbecue
ogni mattina alle 6
senza però cuocere nulla:
s’accuccerebbe nel cortile
e dormirebbe sapendo che sono lì
comunque.
Potrei
starnazzare
o imitare il pavone:
prenderebbe ad abitudine pure quello.
Che gli frega?
Quello che conta
è che io ci sia
che io gli esista appresso
non importa in quale modo.
Stamattina
ho letto le ultime pagine
di una raccolta di Simic
poi ho acceso il barbecue
– aspettavo ospiti –
dopo sono entrato in casa
ho aperto un altro libro
di un altro autore
su versi a caso;
sentivo il bisogno di leggere
ancora una poesia
una soltanto
una dose della nostalgia di qualcun altro
un poco di parole giustapposte.
Se il mio cane accetta
posso accettare pure io
di farmi piacere la poesia:
questa cosa strana
che gli uomini fanno
quando quello che c’è
quando c’è
non è abbastanza.
Basta che si esista appresso.
 
 
 
 
* ~ l’acquerello è di Filippo Motole – “Vittorio e Shiro” [2016].

L’invasione

Sarà sufficiente trovarci al centro
di una grande città come questa?
Basterà a limitare la deflagrazione
l’invasione
la rivoluzione
a cui ci stiamo affacciando?
Il nostro amore farà male a qualcuno?
Qualcuno farà male al nostro amore?
Le nostre mura di difesa sono il Mediterraneo intero
ma il nemico ha le ali
raggiungerà me
raggiungerà te
ci cambierà le parole
e ce le riconsegnerà sbagliate.
Allora proviamo a cantarle
queste parole:
la noia non sa cantare.

Fino a più tardi

Eppure eppure eppure
avrei potuto fare di più per te
per esempio sposarti
o riuscire a capire di cosa parlavi
quando non smettevi
di guardarmi sorridendomi.

Tu in un’altra vita mia

Fammi una foto
adesso che sono giovane e raggiante
capace di piacere persino alle tue amiche stronze
nascondila tra le pagine di un libro che moltissimamente hai amato
in modo tale che in un’altra età deciderai di rileggerlo.
 
Quando saremo
tu in un’altra vita mia
io in un’altra vita tua
magari durante un trasloco
troverai uno spazio nello spessore delle pagine
– e qui cosa c’è? –
spalancherai i fogli partendo dalla rilegatura.
 
Da lì in poi
saremo amanti.
Adesso no
adesso è solo
una corsa al riarmo.

Εγώ Σ’ Αγαπώ

La donna greca della taverna
tutta ammantata di malinconia
con uno sciame di pensieri che le ronzano sopra la testa
fuma sospirando.
 
Guarda il molo
e le barche bianche
ipnotizzate dal mare marmorizzato
dalla luce della luna.
 
Un cliente schiocca le dita in sua direzione
lei scaccia via la ronza dei pensieri scuotendo lo sguardo
chiude di nuovo dentro sé la malinconia
fa tutto questo velocissimamente.
 
Ora sorride di un sorriso inquinato
mentre parte un’altra vecchia canzone
che dice
“egò s’agapó”.