Avocado su Sacher

L’auto fagocita il nastro grigio della strada che si trapunta di macchie nere mano a mano che i goccioloni cominciano a precipitare dal cielo. Simona, andando indietro con la testa, chiude gli occhi per godersi il picchiettio che incalza insistendo sulla carrozzeria. Cerca di rilassarsi. Nemmeno un momento dopo Dario riprende il discorso, intende specificare la sua posizione sulle liste di sinistra per le prossime amministrative; Simona allora schiude gli occhi. Risalendo la Puglia, tornando a casa nel finesettimana dopo le lezioni, ha sempre la sensazione che viva in una regione con uno steccato tutto attorno, uno steccato gigantesco e che quello sia sufficiente a tenere le cose del mondo di fuori, fuori. Io Pansa mica lo voto solamente perché Ema ci sta facendo la tesi assieme, un’amministrazione seria non ha bisogno di questi personaggi, non di questi che cercano consensi fragili e facili – dice Dario. Prima della prossima curva c’è una piccola stazione di servizio e Simona lo sa, così gli dice fermiamoci qui, lui risponde che mezzoretta e sono arrivati e lei insiste ottenendo uno sbuffo, l’accensione della freccia e la svolta nella corsia di decelerazione. Nello spiazzo antistante il cubo in muratura che contiene bar, toilette e tabacchi, ci sono solo due pompe, una per la benzina e l’altra per il gasolio; c’è anche un’auto di ben diverse pompe, funebri, senza conducenti e col carico pieno. Simona ci fa caso e accenna un sorriso a Dario che spinge un’occhiata in direzione dell’auto, tira su col naso e apre diffidente la portella. Esce per primo per non mostrare segni di genetica superstizione che male aderirebbero alla sua coscienza socialista. I due pinguini sono al bancone e hanno appena finito di centellinare i caffè nella densità di un silenzio a malapena raschiato dalla pioggia che fuori s’è fatta importante. Sembra si detestino tanto quanto è il tempo che sono costretti a passare vicini alla morte. Il barista, a vederlo vicino ai becchini col grembiule coloratissimo, pare un avocado acerbo su una Sacher; asciuga tazzine. Nel momento in cui Dario e Simona fanno cigolare la porta, tutti si voltano verso tutti. Radionorba passa la Pausini che, dalle casse sfasciate, più che cantare sembra gracchiare. Un barista, due becchini e due fidanzati che studiano fuorisede. Sembra una barzelletta e invece in tutti loro e addirittura nella morte, c’è un qualche tipo di disamore. Questo pensa Simona.

Dario la lascia all’angolo prima di quello di casa che ancora sta parlando di Pansa e delle amministrative. Simona lo interrompe con un bacio posato appena appena sulle labbra, esce dall’auto e lui non la sta a guardare. Parte subito senza lasciarle nemmeno l’ombrello. Lei pensa che con molta probabilità avrà ricominciato a parlare da solo. Di piovere ha smesso, comunque. Una volta giunta sotto casa guarda in alto e tutte le persiane della palazzina a due piani sono serrate. Dà una rapida occhiata interrogativa alla coccarda nera attaccata al portone verde e giallo. Attraversa la soglia che è aperta, il buio dell’atrio le si attacca alle reni. Salendo il primo scalino s’immobilizza: un’auto parcheggia giusto all’imboccatura del portone.

Pomeriggio, in un caffè di Aghios Dimitrios

La gioia elementare dei ragazzi che guardano la MotoGP
nel bar deserto alle prime ore del pomeriggio domenicale.
Aghios Dimitrios non è l’Italia
e Atene non è Roma
c’è il primato della vita fatta che torreggia sulla vita detta.
Io mi trovo a un piccolo tavolo, fuori
in veranda, solo solo
e quelli guaiscono seduti al tavolaccio lungo, all’interno
tifano Valentino come fosse fratello loro;
il profumo del mio caffè greco si mescola a quello dell’ouzo
qualcuno beve birra Fix
solamente il sole s’azzarda sulle mie mani
filtra dal pergolato fitto di foglie di vite
– le Karelia hanno impregnato persino quelle.
Quante marche in una sola fotografia.
Penso ti sarebbe piaciuto
se ci fossi stata
chiedermi:
a cosa stai pensando?
Guardando me e poi guardando loro
riguardando me e poi riguardando loro
col sorriso bagnato da troppi baci clandestini.

Ricorre dentro

Di nuovo s’è affacciata dalla cucina
la ragazza stretta con la treccia rosso vinaccio
il padre anziano controlla la cottura dell’agnello
io unico cliente al tavolino fuori, guardo dentro
dentro il locale e dentro di lei
la timidezza le provoca un riso acuto
le pareti ingiallite del piccolo estiatorio sono vuote
solo sta appeso un quadro
con una foto sbiadita da anni di sole
che entra dritto a mezzogiorno
mostra il porto di Patrasso negli anni ‘30
imbarcazioni a vela sul molo in lontananza
e in primo piano tre uomini col cappello
che guardano verso l’obiettivo
sembra siano stati sorpresi
hanno la posizione di quelli che quando sono in gruppo
e si chiacchiera di qualcosa di serio
vengono interrotti bruscamente.
Il piano cottura è a vista
tutto là dentro è senza cura
il mobile della cucina in acciaio, invece, splende.
Dal televisore arriva qualche immagine interrotta
un servizio sui siriani in fuga da Assad
il profumo dell’agnello arriva fino a qui
nemmeno il tempo di pensarci
la ragazza stretta con la treccia rosso vinaccio
s’avvicina e porgendomi il piatto mi dice καλή όρεξη
io rispondo efkaristo-poli
taglio la carne morbida morbida e lei resta alla porta
braccia conserte e denti affacciati
io le chiedo in inglese se di lì passano molti italiani
sì, ragazzi in gita scolastica da Brindisi mi fa
la settimana scorsa mi fa
mentre lo dice, con una mano
s’accarezza su e giù l’avanbraccio
dall’interno tuona la voce baritonale del padre anziano
non capisco, probabilmente le dice di rientrare subito
così corre da lui, la rimprovera per qualcosa
lei toglie il sorriso.
Mentre vado via torna sulla porta
si poggia al muro, è seria
ciao le faccio in italiano
ciaò fa lei
ritornano i suoi denti
ritorna la voce di suo padre
e ricorre dentro.
Ancora oggi
ancora domani
ancora
mi ricorre dentro.