LA MANDRIA UMANA

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Tag: dialogo

Tante persone

Tu sei tante persone – mi dice.
E io non so mai quale inseguire – mi dice.
Non lo faccio apposta – le dico.
Ma posso assicurarti che ho un bel vestito per ognuna – le dico.
Tu tieni sempre il filo teso – mi dice.
Non mi caghi, forse è questo che mi piace – mi dice.
Assenza presenza anche quando non ci sei – mi dice.
Adesso ti faccio ascoltare una canzone – le dico.

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Tu, adesso, saresti dovuta essere il mio corpo

L’ho guardata e sono uscito.
Avevo l’immagine di lei fissa lì, come l’ultimo fotogramma dell’ultimo film al mondo.
Era stesa sul divano, guardava fiera quello che restava sul letto, guardava fiera quello che avrei dovuto ancora mettermi addosso per dirmi vestito.

– Così te ne vai.
– Così me ne vado.
– E cosa rimane?
– Nulla rimane, so cosa ho lasciato, ma non rimane niente. – disse lui.
– Niente?
– Niente! Quello che mi hai dato è stato solo quello da cui sei voluta fuggire.
– Ma che dici? Discorso da telenovela.
– Sarà, ma le telenovela dovranno pur essersi ispirate a qualcosa.
– Stronzate! – accigliata lei guardò dall’altra parte e continuò – Comunque non è vero..
– Cosa?
– Quello che tu pensi di me, adesso.
– E cosa penso di te adesso?
– Pensi che io sia quella lì, quella che non ti conosce, che è così e basta, che finisce tutto.
– Mi hai detto mille cose prima – disse girandosi i polsi della camicia – tutti i discorsi che facevi, tutto quello che dicevi di adorare di me: la voce, lo sguardo, i movimenti delle mani, le parole. Ma dopo tutto non rimane nulla. Perché dopo tutto quello che abbiamo desiderato resta sempre nulla. Hai mai visto un bambino che dopo la sorpresa non ne desidera un’altra?
– Che centrano i bambini ora?
– È così, dai, restiamo così, ne abbiamo parlato. Abbiamo tutto dei bambini, tranne l’arrendevolezza.
– L’arrendevolezza?
– Sì, l’arrendevolezza. I bambini si arrendono alla loro età, noi invece non abbiamo niente a cui dare conto. Ti sembra poco?
– Io mi sto rivestendo. Abbiamo fatto l’amore. Perché tu sesso, questo, non puoi chiamarlo. Riesci a chiamarla arrendevolezza?
– No, ma restiamo bambini. Non hai voluto quello che desideravi?
– Affatto.
– Cosa desideravi?
– Te! – lui smise di affaccendarsi un istante, la guardò, ma non riuscì a farlo più di un secondo.
– Nooooo, non desideravi me. Desideravi l’idea di me.
– L’idea di te sei tu. Non dire cazzate. Tu sei quello che sembri, mai il contrario. Noi siamo sempre quello che sembriamo. Non abbiamo nessuna possibilità di essere quello che siamo davvero. Altrimenti sarebbe come se tu mi avessi detto di rimanere con te, per sempre.
– Per sempre?
– Vedi!? Non sai essere quello che vuoi!
– Hai bevuto troppo.. io dico.
– Io dico, invece, che tu adesso saresti dovuta essere il mio corpo. – lui si dissolse dietro una porta sbattuta. Lasciò il suo odore e niente più.

Lei si alzò, aprì la finestra, il fresco della notte le colpì il seno e piano, schiuse le labbra, sussurrò – ho perso.

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Le risposte che le ho dato quando mi ha chiesto dove stessi andando

«Esco un attimo!»

«Vado a comprare una cassa di birra,

perché qui non finisco per oggi…»

«Non riesco a rattoppare

tutto il disamore che hai creato».

«Mi metterò il cappello, va bene,

ma l’ombrello non posso portarlo,

non riuscirei a tenere

la cassa di birra con entrambe le mani».

«Ti ho detto di sì,

ho bisogno proprio di una cassa!»

«Di due birre non me ne faccio niente, su,

da brava».

«No, entro oggi no».

«Ti ho già detto che il disamore è troppo

e così, lucido, senza propulsione,

non riesco a farlo tornare amore,

nessuno ci riuscirebbe».

«Smettila!»

«Se proprio mi vuoi lucido,

evita di non esistere

ogni volta che ti amo».

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