Un uomo entra con sua figlia in una sala scommesse
incrocio ‘st’uomo mentre cammino sul marciapiede
poi, subito oltre il marciapiede
c’è la casa dei miei con il cortile
è il cortile dentro il quale ho cesellato i miei anni piccoli
si giocava a guardarci i cazzi
a chi ce l’aveva più lungo
a meravigliarci del corpo e quindi a far gemmare psicologie
che avrebbero afformato quello che tutti siamo oggi
ex malandrini di periferia di cittadina di provincia
chi avvocato chi malvivente
chi fotografo chi medico chi niente.
Coi cacciaviti rubati al fabbro vicino
che c’insegnava le bestemmie e che alla domenica pregava Iddio
scalpellavamo fosse profonde sull’asfalto neronero del cortile
[le biglie ci si dovevano buttare al salto e rimanerci per bene].
L’uomo che entra nella sala scommesse
m’ha fatto tornare questo
l’abbastanza
che allora per noi era quello per cui avremmo dovuto vergognarci
e per lui adesso l’irreparabile vuoto della superfetazione.